food storytelling

Dal piatto al digital: il nuovo food storytelling

Dagli hamburger vegani a un rassicurante piatto di pasta, la tendenza è la stessa: raccontare un’esperienza, coinvolgere ed emozionare grazie a una narrazione d’impatto e coerente. Specialmente in tempi in cui il distanziamento sociale ha reso ancora più importante la comunicazione digitale

La cultura del cibo è cambiata profondamente nel corso del tempo. Da necessità, l’alimentazione è diventata prima un piacere, poi un mondo vero e proprio, un’esperienza che racchiude persone, storie, tradizioni, vicende personali e familiari, valori umani e richiami estetici. Per questo, forse più di ogni altro settore, il food si presta alla narrazione. Anzi, ne ha bisogno. E gli strumenti del content marketing rappresentano il veicolo più versatile. Ecco quali sono le ultime tendenze e i casi più interessanti nel campo del food storytelling.

Le emozioni racchiuse in una ricetta

L’obiettivo dello storytelling è quello di trasportare l’utente attraverso testi, immagini e contenuti video rendendolo sempre più parte del progetto. Come uno di famiglia. Questo vale in modo particolare quando si parla di food storytelling, dove l’elemento “caldo” della casa, dei parenti, dell’accoglienza, della familiarità è quasi sempre centrale. Attraverso lo storytelling si ha modo di costruire la cornice di un intero brand, che renderà il ristorante o il marchio unici.

Il caso dei ristoranti miscusi

Un esempio calzante è quello dei ristoranti miscusi. La pasta fresca è sempre associata al sorriso, alla felicità. Una sensazione di casa si percepisce appena si apre il sito web. “A chi fa parte della famiglia il caffè lo offre la casa”, si legge: lasciando i propri dati si entra a far parte della “famiglia” e – traduzione concreta – si ottiene un espresso gratis ogni volta a fine pranzo. Non è tanto il risparmio di un euro a fare la differenza, però, quanto il valore del gesto.

Il messaggio si ripete: “Fa’ come fossi a casa tua”, è il payoff che apre la pagina delle prenotazioni. C’è anche un “giornale”, versione casalinga di una sezione blog, con ricette, novità, articoli di approfondimento sul tema della pasta. Ogni singolo tassello contribuisce a costruire un’identità chiara e coerente. Passando dal digitale al reale, con cene cantate ed eventi conviviali raccontati tramite video sulle pagine social dell’azienda.

Il messaggio e il mezzo del food storytelling

Il primo passo dunque è quello di identificare un messaggio chiaro, semplice e incisivo, per poi trasmetterlo attraverso uno storytelling coinvolgente ed emozionante. Altrettanto fondamentale è la scelta degli strumenti: sito web, pagine facebook e instagram, profilo youtube. Ma la piattaforma è solo uno degli aspetti da valutare. La comunicazione varia anche in base alle persone che si sceglie di coinvolgere nel progetto: un produttore, un sommelier, un giornalista, un blogger, un food influencer. Ognuno avrà uno stile comunicativo, un pubblico e delle storie diverse da presentare. Bisogna quindi prendere in considerazione nuovi fattori e pensare un collante che li unisca.

Scegliere bene il target: Flower Burger

“Be in love” è il payoff di Flower Burger, linea di hamburger vegani la cui caratteristica principale è il colore. La comunicazione trasmette istantanea allegria e si rivolge chiaramente a un target giovane, aperto alle novità, attento all’estetica. Sono talmente belli e fotogenici che il richiamo a Instagram è immediato. Il messaggio è esplicito: “Flower Burger è il brand di chi sa stupirsi, di chi sa emozionarsi, divertirsi e vuole vivere con la leggerezza di un’eterna giornata d’estate. Fate come noi: godetevi il bello di ogni giorno, siate buffi, sorridete, incuriositevi, meravigliatevi”. Anche in questo caso, è chiaro che il prodotto che si vende non è un semplice hamburger vegano, bensì uno stile di vita.

L’esperienza food virtuale ai tempi del Covid

In questi mesi è diventato ancor più importante potenziare la narrazione gastronomica a distanza. I profili sui social media e i siti web di aziende agricole, distillerie e ristoranti sono stati tradotti in più lingue, mentre i più strutturati provano a utilizzare piattaforme di e-commerce per vendere i prodotti sul mercato domestico e non solo. Molti puntano sui tour virtuali: concepiti come mini puntate di una serie tv, possono essere acquistati singolarmente o in pacchetti, da fruire esclusivamente on line. Un spunto arriva dal Giappone. Qui, per promuovere il turismo enogastronomico e rendere l’esperienza del tour virtuale quanto più possibile simile a quella reale, ai partecipanti viene inviata una box con gli ingredienti per partecipare a una cerimonia del tè in piena regola o per assistere alla presentazione dei piatti di un banchetto kaiseki.

In alcuni casi è stato vincente adattare il linguaggio ai tempi della pandemia. Durante il lockdown tanti si sono avvicinati alla cucina e i video di ricette hanno subìto un’impennata. La maggior parte delle persone ha cercato parole come “facile”, “veloce”, basic”. Gli youtubers che hanno saputo adattarsi, facendo sentire gli utenti ascoltati e valorizzati nelle loro necessità, hanno ottenuto il meritato successo. Una circostanza che mostra chiaramente quanto sia importante porre l’utente al centro e adattarsi ai cambiamenti.