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Dark pattern. Cosa sono e come vengono usati nel giornalismo

I dark pattern consistono in scelte di web design che rendono molto facile l’entrata di un utente in una situazione spesso non desiderata, dalla quale è poi difficile uscire. Trucchetti ingannevoli, in altre parole, diffusi largamente non solo negli e-commerce, ma anche nelle testate online

Sul web si rischia di cadere vittime di diverse insidie. Tra le più diffuse ci sono i dark pattern: passaggi fluidi, pulsanti in bella vista, “buchi neri” che portano l’utente a compiere un’azione non sempre desiderata. Come l’iscrizione a un abbonamento o a una newsletter, l’upgrade a un piano premium o il re-indirizzamento a una pagina non richiesta. Molto facile è incappare in simili tranelli sui siti di e-commerce.

Emblematico il processo di acquisto ad ostacoli su Amazon per evitare l’iscrizione a Prime: l’utente deve fare molta attenzione per cliccare, a più riprese, sulle scritte più piccole, meno visibili ed intuitive, che teoricamente dovrebbero rappresentare la via maestra. Tuttavia, simili procedimenti oggi vengono messi in atto anche da diverse testate. Sia per incentivare la sottoscrizione di abbonamenti (poi molto difficili da disdire), sia per far confluire i lettori sugli articoli più accattivanti.

Cosa sono i dark pattern

I dark pattern possono assumere diverse forme: pulsanti da cliccare, prima di tutto, ma anche domande trabocchetto, pop-up, costi nascosti, checkbox e form. Il sito darkpattern.org ne elenca i principali.  È utile dargli un’occhiata, per essere più consapevoli. È un dark pattern un abbonamento che si rinnova senza preavviso, la cui disdetta richiede un intervento attivo da parte dell’utente. Così come lo è l’aggiunta di servizi non richiesti (ad esempio da parte delle compagnie aeree) che l’utente deve de-flaggare. Si tratta, in ogni caso, di forme di manipolazione, il cui obiettivo è semplicemente quello di spillare più soldi (e dati) agli utenti. Una pratica scorretta non nuova, ma che con l’incremento degli e-commerce si è diffusa in modo massiccio. E che purtroppo funziona molto bene.

I dark pattern e la legge

La legge segue a fatica il rapido avvicendarsi di nuove pratiche sul web. Tuttavia, quella dei dark pattern può essere ritenuta senza dubbio una pratica illegale. La California è lo Stato che se ne è occupato prima di altri e in maniera più diretta: qui, dal 2022, i dark pattern saranno ufficialmente fuori legge. In Europa, bisogna fare riferimento al Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), il quale stabilisce che “se un consenso viene dato dall’utente sulla base di informazioni fuorvianti, allora non è da considerarsi valido”. In Italia, i casi di dark pattern si possono segnalare all’Autorità per la Concorrenza e il Mercato oppure al Garante della Privacy. Il fatto è che in linea di massima sono pochissimi a farlo, dunque la pratica continua.

I tranelli delle testate giornalistiche

Dagli e-commerce alle testate giornalistiche, il passaggio è stato breve. Lo stesso New York Times, che ha denunciato in un articolo questa deprecabile abitudine, rende la vita complicatissima a chi voglia disdire un suo abbonamento: bisogna trascorrere molto tempo sul sito, compiere diversi e macchinosi passaggi e infine parlare telefonicamente con un operatore. Secondo l’American Press Institute, solo il 41% delle testate statunitensi online prevede una cancellazione degli abbonamenti accessibile e fluida, come dovrebbe essere. Una situazione non dissimile da quella italiana.

In aggiunta a questa pratica ormai diffusa, nella sua newsletter dedicata al mondo del giornalismo, Il Post spiega come da poco tempo, sui siti delle testate del gruppo GEDI, in alcuni casi, cliccando il tasto per tornare indietro, anziché tornare come richiesto sulla pagina precedente ci si ritrovi in un’altra pagina che invita a trattenersi su altri articoli della stessa testata (prevalentemente click-bait). Così, si ottiene una visita ad una pagina ulteriore, oltre alla possibilità che l’utente vada a leggere altri articoli, trattenendosi più a lungo. Trucchetti che, in una situazione in cui il patto di fiducia tra lettori e testate già vacilla, di certo non aiutano.